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I giovani e l’Europa

Pubblichiamo l’intervento che Marcello Favale, Giornalista Rai – TGR Puglia, ha tenuto nel corso della manifestazione di premiazione tenutasi il 10 giugno 2017 a Matino, presso il Palazzo Marchesale del Tufo.


I giovani e l’Europa

Buona sera a tutti e grazie per aver sottratto un sabato all’inizio delle vostre vacanze. Ma le scuole sono chiuse ormai, e avrete certo tutto il tempo per recuperare un po’ di ozio, dopo tanto impegno. A proposito di impegno: ho letto con particolare interesse alcuni dei vostri lavori che il concorso intitolato alla figura di Aldo Bello ha sollecitato. Li ho trovati pieni di riflessioni profonde e motivate,(mi riferisco a quelli connessi con il futuro dell’Europa) sia che fossero a favore, sia che fossero particolarmente critici e quindi pessimisti sulla possibilità che l’Europa possa continuare a rappresentare la casa di tutti.

Ecco io stasera vorrei introdurvi a qualche riflessione proprio sul rapporto tra i giovani e l’Europa, questa entità nata forte dopo l’ultimo conflitto mondiale, e che invece negli anni di questo nuovo secolo si va sfarinando sempre più.

Parto naturalmente da esperienze che attengono la mia persona. Il mio primo impatto reale con l’Europa è stato 50 anni fa. Avevo quasi 20anni, frequentavo l’Università, Scienze Politiche a Bari, e volevo fare il diplomatico, pensate voi: Io figlio di operai, avevo maturato questo piccolo sogno. Non è proprio andata così, ci ha pensato la vita a deviare i sogni. Sono ugualmente contento di come mi è andata: Ho fatto tante cose nella vita, ma soprattutto ho fatto il giornalista e ho realizzato , step by step, tanti piccoli grandi sogni. Ma torniamo ai 20anni e all’Europa. Era il 1967, c’erano ancora i Beatles e i Rolling Stones. Gli Stones ci sono ancora, i Beatles no, ma per fortuna ci hanno lasciato tanta bellissima musica che spero voi amiate nonostante il rap e le poesie ritmate che costellano le vostre giornate. Era l’anno del disco “Sergent’s Pepper lonely hart club band” e decisi che bisognava andare in Inghilterra, a vedere quello che stava succedendo, visto che allora Londra era la città dove iniziava a succedere tutto, tutto quello che poi veniva veicolato nel mondo.

Allora per noi giovani partire era un modo per aprire la mente a realtà nuove, diverse da quelle che vivevamo in questa periferia dell’Italia e che intravedevamo solo in qualche servizio della RAI.

Lavorai per alcuni mesi in una agenzia di viaggi e misi da parte i soldi per andare a Londra, primo viaggio in aereo, a tariffa piena, perché non esistevano le compagnie low coast, come Ryanair. Fu un’esperienza bellissima, mi fece migliorare il mio inglese ancora approssimativo, e mi fece conoscere un altra faccia dell’Europa.

Perchè vi racconto questo? Per farvi capire quanto sia stato importante per la mia generazione, sentirsi Europei, poter viaggiare quasi dappertutto senza passaporto, non doversi fermare alle frontiere. Tutte cose che adesso sembrano più che normali, e che invece facevano parte allora di un bagaglio politico ideologico di uomini intelligenti che avevano capito come l’orrore delle guerre dovesse essere scongiurato proprio attraverso una coscienza europea che ci facesse superare i nazionalismi e gli egoismi. Dovevamo ricostruire i Paesi distrutti materialmente e moralmente dalla guerra, erano, questi uomini del dopoguerra, pieni di speranza e la trasmisero a noi, che eravamo la generazione successiva. Il futuro era pieno di magnifiche sorti e progressive. Abbiamo lavorato tutti per realizzare queste magnifiche sorti, ma non appena la crescita, che è sempre ciclica, ha incominciato a rallentare, gli egoismi sono tornati a prendere il sopravvento. I governanti dei vari Paesi si sono trovati quasi impreparati a fronteggiare una recessione economica che pure era prevedibile, aggravata dalla pressione di quanti, nei sud del mondo, stavano certo peggio di noi e anzi arrivavano ogni giorno a cercare un pezzo della loro speranza, in quell’Europa che sembrava aver la ricetta per realizzare i sogni individuali, sulla spinta di una cultura liberale e democratica che affondava le sue radici nella Rivoluzione francese e anche prima.

Aldo Bello, l’uomo e il giornalista che ho avuto l’onore di conoscere e del quale ho cercato di seguire i consigli, per disegnare i prodromi dell’Europa scriveva:

Che cosa significa essere europei? Per dare una risposta, a lungo elusa assieme alla stessa domanda, occorre tornare in pieno XVIII secolo e interrogare Montesquieu, il quale, nelle sue “Riflessioni sulla monarchia universale in Europa”, così definì il Vecchio Continente: «Non è altro che una nazione composta di molte nazioni». E aggiunse: «Ognuna di esse ha bisogno dell’altra». E infine rincarò la dose, a futura memoria dei suoi spocchiosi concittadini, degli altezzosi inglesi e di coloro i quali all’epoca erano prussiani e che poi sarebbero diventati tedeschi: «Lo Stato che crede di accrescere la propria potenza con la rovina di quello confinante di solito si indebolisce insieme con esso». Nel secolo successivo, invece, Nietzsche – il cui superuomo era profondamente europeo – considerava l’Europa alla stregua di una propaggine asiatica.

Se tutti fossero tornati senza indugio alla Grecia classica, dove fu creata la nostra anima, e dove l’Europa imparò a ragionare, molte cose sarebbero state più chiare. E la prima è che la teoria delle idee di Platone rappresentò una sorta di Magna Charta ante litteram della spiritualità europea. Il filosofo, pur non potendo affrontare con la nostra mentalità i grandi problemi, ha lasciato in eredità al nostro pensiero gli strumenti per risolverli. E questi strumenti si incentrano (sulla lezione di Socrate) nella mentalità speculativa dell’Ellade, sulla quale è basato tutto l’edificio dell’Occidente. Ha scritto Husserl: «L’Europa spirituale ha un luogo di nascita in una nazione […]. Questa nazione è l’antica Grecia del VII e del VI secolo a.C.».

Ma la storia non sempre viene recepita come maestra di vita. Le parole di Aldo Bello sono concetti alti che tutti dovremmo avere come riferimenti imprescindibili. In questi ultimi anni, invece, tutto è precipitato e a voi ragazzi, di tutte le belle speranze di cui erano stati portatori i vostri genitori e anche i vostri nonni, è rimasto ben poco.

Come al solito siete stati voi giovani a capire, prima degli altri, che le situazioni stavano cambiando. Una decina di anni fa, forse qualcuno in più, improvvisamente è aumentato il numero degli universitari che invece di studiare inglese o tedesco, hanno deciso di rivolgersi a lingue come il russo, il cinese e l’arabo. Erano i paesi che parlavano queste lingue, infatti, che sembravano offrire più opportunità in una prospettiva, commerciale ma anche politica, in cui l’Europa diventava sempre più marginale. Oggi voi potete tranquillamente andare in giro per l’Europa, ma, se si esclude la Germania, e , in limitati casi anche la Francia, le difficoltà che trovate sul lavoro qui in Italia, rischiate di trovarle anche in Svezia, o in Austria, sempre che vi facciano entrare e vi permettano un soggiorno più ampio di quello turistico. Ce lo ha ricordato anche recentemente Donald Trump, che ha esteso anche agli Europei che vogliono andare a lavorare negli States, tutte quelle difficoltà che si frappongono ai visti per le persone che si vogliono scoraggiare dall’entrata in un altro Paese. Poi lo stesso Trump, anche lui figlio di figli di immigrati tedeschi, ha trattato tutti a pesci in faccia nella riunione dei 7 paesi più industrializzati quindici giorni fa a Taormina, in pratica dimostrando quanto poco tenesse in considerazione l’Europa, come entità e i suoi membri come Paesi.

Ma non è solo Trump che ci considera poco. Erdogan, dittatore Turco, che fino a qualche anno fa avrebbe fatto carte false per entrare in Europa, adesso ci intima di farci gli affari nostri, se dal vecchio continente partono critiche alla sua idea di democrazia fondata sulla pena di morte e sul carcere per i dissidenti. Dal canto suo la Cina ha lanciato la via della Seta, un percorso commerciale che dovrebbe portarla all’egemonia nei commerci e non solo, basandosi sulla sua grande forza della giovane popolazione che aumenta sempre più, mentre i popoli della Vecchia Europa invecchiano. Putin, infine, sta cercando di dividere quel poco che è rimasto del concetto d’Europa, appoggiando i movimenti nazionali e sovranisti, che mirano a tornare nei confini nazionali, per difendere l’economia e la sicurezza personale, minacciate, a torto o a ragione, da schiere di migranti che premono alle frontiere, e da quanti, accolti negli anni passati, non sono riusciti mai ad integrarsi ed ora vedono nelle pieghe sbagliate della religione integralista, la possibilità di riscattare la propria storia personale, facendo scorrere il sangue di tanti innocenti. Il tutto mentre all’interno dell’Europa si fanno più forti le voci autonomiste, la Scozi a l’Irlanda da una parte, la Catalogna in Spagna, i fiamminghi in Belgio, finanche i lombardi da noi, che vogliono il referendum sull’autonomia.

Vi ho fatto un quadro ben pesante dell’Europa che voi incontrerete quando deciderete di alzare lo sguardo da Gallipoli o da Casarano. Eppure, ci crediate o no, è ancora in Europa il nostro e soprattutto il vostro futuro. E’ in una Entità che possa concorrere come continente, agli scambi commerciali e alle decisioni politiche. Se volete essere arbitri del vostro destino, realizzare le vostre aspettative di lavoro e di vita, dovete voi poer primi concorrere a riunire l’Europa. L’alternativa è essere tributari di altri paesi che decideranno per il loro tornaconto e non per fare il bene comune degli Europei. America First , lo slogan di Trump è sintomatico, ed è estendibile, alla Russia, alla Cina, all’India, alla Turchia, tanto per citare i paesi più popolosi. E la democrazia, tanto decantata da Platone in poi, non è certamente un dato acquisito per sempre, se voi ragazzi non riuscirete a consolidarla attraverso comportamenti in grado di sostanziarla di atti e di misure concrete, non solo di parole. I cinesi hanno già acquistato il Porto del Pireo e ne hanno fatto la loro base per i container da mandare in Europa, perché per loro noi siamo solo un mercato dove smerciare i loro prodotti a basso costo, mentre i nostri, ad alto valore aggiunto, o vengono copiati, oppure vengono gravati da tanti dazi da renderli appetibili solo per alcune migliaia di ricchi, che ci sono anche da loro. Gli Emiri del Quatar hanno acquistato mezza Milano, e gran parte della costa Smeralda, compresa la compagnia aerea Meridiana. E poi improvvisamente si scopre che finanzia i Fratelli Musulmani e altre organizzazioni che una parte del mondo Arabo stesso ritiene integraliste e sostenitrici del terrorismo. Insomma la situazione non è rosea, e sta a voi prendere coscienza dei valori che finora hanno caratterizzato la nostra società, facendovi interpreti di essi con i vostri coetanei europei, negli incontri di viaggio o di studio, nelle discussioni politiche che andrete ad affrontare nei vostri prossimi anni. Non lasciate che nessuno decida per voi. La mia generazione lo ha fatto alla fine degli anni 60, e lo ha fatto partendo dall’Europa, dal maggio francese del 68. Certo ci sono stati anche eccessi in quelle lotte. Ma il mondo allora cambiò faccia, e molte delle conquiste che per voi oggi sono cose normali, sono state il frutto di quelle lotte,m in cui erano impegnati giovani di tutta Europa e giovani americani, stanchi di andare a morire in Vietnam. Per questo vi dico: fate quello che ritenete opportuno, sbagliate, ma fatelo con convinzione, partecipate. Non vi ritraete dalla discussione e dalle decisioni. Il mondo, se deve essere cambiato, lo dovete cambiare voi, farlo più giusto, e più ricco di opportunità, per tutti. Altrimenti , se cambierà in peggio – e le premesse ci sono tutte – non potrete trovare alibi. Sarà troppo tardi!