Pubblichiamo la Relazione del Prof. Antonio Errico elaborata in occasione della I edizione del Premio Giornalistico tenutasi il 7 giugno 2014 a Matino, presso il Centro Mirabilia Dei “Apulia”.
Aldo Bello: il pensiero e la scrittura
Nel 1988 Aldo aveva 51 anni e l’età c’entra molto per quello che andrò a dire. Sappiamo tutti che Aldo non si limitava a leggere, era lettore vorace di libri, giornali, riviste, ecc. Nel 1988 viene pubblicato il libro di Italo Calvino “Lezioni americane”. All’età di 51 anni la struttura della scrittura è già ben consolidata, immaginiamo quanto fosse solida in un grande professionista come Aldo Bello, uno che scriveva non solo per passione ma per mestiere. Nel suo libro Calvino definisce le categorie della letteratura nel 3° Millennio. Ci tengo a precisare che Aldo non era solo un giornalista ma un poligrafo, capace di passare da un tipo di scrittura ad un altro e quindi da un tipo di pensiero, che sottende il modello di scrittura, ad un altro.
In una serata trascorsa a Sternatia con Aldo Bello e Antonio Verri si discuteva del libro di Calvino, che Aldo non aveva ancora letto, per cui, passando da Caprarica, Antonio Verri prestò il libro ad Aldo, che così ebbe modo di leggerlo nel giro di poche ore.
A distanza di qualche anno, precisamente nel 1992, esce il libro di Aldo dal titolo “Passo d’Oriente” per l’edizione de Il laboratorio di Parabita di Aldo D’Antico e per una collana che io immeritatamente dirigevo. Questo libro Aldo lo aveva scritto per un grande editore del Nord ma quando io gli proposi di pubblicarlo a Parabita, egli accettò subito senza tentennamenti e senza prendere poi una lira di compenso.
“Passo d’Oriente” è un libro che proviene dal giornalismo ma è una narrativa purissima, in esso l’autore contempera le categorie suggerite da Calvino: esattezza, rapidità, leggerezza, molteplicità, visibilità.
Esattezza:
“Nella tenda circolare gli spazi sono scanditi al millimetro: a sinistra gli uomini … a destra le donne … una cuoca, due stallieri, una tessitrice…da un foro del tetto piove la luce …al centro del … con l’odore dell’erba appena … ciocchi di cedro alimentano un’immancabile stufa … seduto su stuoie di crine di cavallo sorbiamo un tè verde…” (A. Bello, da “Passo d’Oriente”, Ed. Il laboratorio)
Questo è un esempio di esattezza. Nel passo sopra riportato sono presenti diversi aggettivi che solitamente Aldo non usava, perché diceva che il sostantivo è la parte più importante proprio perché individua la sostanza: se un sostantivo dice già qualcosa, l’aggettivo non serve, se un sostantivo non dice, vuol dire che quel sostantivo è sbagliato.
Rapidità:
essa non sta nel lessico ma nell’organizzazione testuale di continue svolte narrative, di continui passaggi di prospettiva, di flash-back immediati; ad esempio si passa con estrema velocità dall’Estremo Oriente a luoghi completamente diversi. In “Passo d’Oriente” ci sono molte parentesi, ci sono interi passi messi tra parentesi. Perché? Perché nella narrativa, e soprattutto in essa, Aldo agisce per mezzo di una convergenza di pensieri che nella scrittura trovano organizzazione.
Leggerezza:
la leggerezza può stare semplicemente nel tempo, oppure nella frase finale, come nel caso di “Amare contee”, dove, dopo una serie di interviste, senza fare un minimo commento, da professionista straordinario chiede a se stesso: “ma se avessero intervistato me su questa cosa come avrei risposto?” E risponde semplicemente: “avrei detto: la luce”. Dove altro può stare la leggerezza di Aldo? Per esempio in una parentesi, nella quale forse qualcuno qui stasera potrebbe riconoscersi. Vi prego di fare massima attenzione all’uso dei tempi verbali e ad un avverbio:
“(Passavano, altro che se non passavano … per i cieli della mia terrazza frecce di aironi, nuvole di un … esausto … allora mio padre tagliò le punte delle penne … cresceranno, mia assicurò … fuori era agosto con il tabacco ai telai … la frescura era … violaceo … avevo scorrazzato. Mia madre mi guardava … l’acqua era argento vivo … passavano per i cieli di casa mia, erano interminabili transumanze celesti, io mi stendevo a guardare all’insù, mi ubriacavo di luce, levitavo, navigavo in terre lontane … passavano ammarando poi tra le paludi … azzurri rosa tappeti volanti di penne. E quando non passarono più e virarono sulle scogliere della Dalmazia scegliendo passi senza guadi qualcosa era già mutata dentro di me … altre vertigini altri sogni)” (da Passo d’Oriente).
Mai, da giornalista, Aldo avrebbe usato il verbo “levitavo” o il verbo “navigavo”; notate, tutte parole (cielo, aironi, nuvole…) aeree e poi la parola “interminabile”: mai il giornalista Aldo Bello avrebbe usato l’aggettivo “interminabile”. La leggerezza sta nella montagna dell’infanzia, in quel luogo che Pavese nel bellissimo “Dialoghi con Leucò” dice “abbiamo tutti una montagna dell’infanzia, là dove dovremmo vagabondi ritornare, perché là fummo fatti ciò che siamo”. Aldo Bello aveva questo senso del “nostos” continuo e costante, a volte celato, molto spesso mal celato.
Molteplicità:
la molteplicità degli elementi del pensiero si trasforma in molteplicità di elementi della scrittura.
Visibilità:
Per dimostrarvi la visibilità, vorrei chiedervi di chiudere per un attimo gli occhi e di ascoltare:
“Smirne si incendia al tramonto egeo … e il mare senza vento abbatte le vele … Potrebbero essere della mia terra queste case di pietra … questi contadini nodosi … le disarmate torri costiere che con occhi innocenti sorvegliano il nulla … Smirne accende la fertile mezzaluna…”
Dove sta la visibilità? Questo libro, “Passo d’Oriente”, racconta il giro del mondo, ma come finisce? Finisce a casa sua… Abbiamo bisogno di maestri. I maestri ci mancano, ci mancano in Italia non a noi soltanto: manca Aldo Bello come manca Pier Paolo Pasolini.
Chiudo con un riferimento ad un’opera di Novalis dove un personaggio chiede ad un altro: “Dove siete diretti?” E l’altro gli risponde: “Sempre verso casa”. In fondo, girando e rigirando, Aldo era diretto sempre verso casa.
Aggiungo una postilla. E’ vero che il rapporto con Aldo è anche sentimentale, risente degli affetti di ciascuno di noi verso di lui, ma ciò che rimane di Aldo sono le sue opere, ciò che lui ha scritto, che devono andare molto più lontano della appartenenza sentimentale.