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Aldo Bello e il Giornale Radio – L’intellettuale, l’innovatore

Pubblichiamo l’intervento che Mirella Marzoli, Giornalista, Vicedirettore Rainews24, ha tenuto nel corso della manifestazione di premiazione tenutasi il 4 giugno 2016 a Matino, presso il Palazzo Marchesale del Tufo.


Aldo Bello e il Giornale Radio – L’intellettuale, l’innovatore

Quando sono arrivata al gr1 nel 1987 Aldo Bello era caporedattore dei giornali del mattino , come dire il dirigente giornalistico più importante, motore e pensiero editoriale per raccogliere tutti i contributi migliori del giornale, dei corrispondenti dall’Italia e dal mondo, sistermarli e metterli in onda al gr delle 7 e a quello delle 8, allora veri e propri fiori all’occhiello della radiofonia pubblica.

Per storia e tradizione , grazie all’impulso che era stato dato da uno dei direttori più grandi della storia del giornalismo, Sergio Zavoli, il gr1 delle 8 aveva acquisito carattere pluralistico e autorevolezza istituzionale senza perdere mai lo sguardo alle piccole grandi storie del mondo, senza trascurare la cronaca, i fenomeni sociali emergenti, la cultura.

Nessuno meglio di Aldo incarnava quelle ragioni etico-professionali, perché il suo non era mai lo sguardo del potere e delle superiori logiche politiche, lo sguardo direi della ‘ragion di Stato’. No. Aldo spesso smontava il canovaccio preordinato la sera prima, perché l’ultima notizia – anche se apparentemente piccola – aveva la preminenza. Prima di ogni altro commento alla giornata italiana passata, alle ultime che arrivavano d’oltreoceano, prima di tutto questo poteva esserci l’importante serie di arresti dell’antimafia , oppure la rivolta nel carcere di Porto Azzurro, o ancora il reportage dell’inviato dal di dentro di una grave crisi industriale. Voglio dire con questo che la realtà poteva avere la meglio su tutte le interviste, le opinioni (allora il sottotitolo del gr1 era appunto ‘i fatti e le opinioni’). Era in altri termini l’onestà di chi cerca almeno di non mescolare la realtà con le opinioni, cerca di tenerle distinte , per dare all’ascoltatore una griglia interpretativa senza sovrapporsi , ma precisando bene la differenza fra l’una e le altre.

Scelte editoriali da un minuto all’altro e alla fine un giornale ben calibrato, ricco, una polifonia con un senso.

Ho imparato molto da Aldo , con quel suo tono pacato e sorridente, con la leggerezza dell’ironia ci invitava ad un uso oculato delle parole, niente parole al vento, ma parole vere, capaci di risuonare, evocare. Era la RADIO. Anche in tre righe di lancio (come chiamiamo in gergo il breve strillo per presentare il servizio, letto in diretta dal conduttore o dallo speaker) anche in quelle tre righe di lancio c’era – ci doveva essere – il rigore professionale che si richiedeva ad un autorevole gr del servizio pubblico.

Spesso non c’era il tempo per grandi discorsi prima della messa in onda. Allora Aldo – lo rivedo come fosse ora – si toglieva gli occhiali e da vicino rileggeva rapidamente il copione, correggeva qui e là, una parola, un segno grafico perché lì ci sia una pausa, oppure una sottolineatura (per rendere più forte un’espressione).. i titoli erano già stati preparati, li aveva dettati di getto alla mitica segretaria del mattino Luciana Spiccia (quando non c’era Aldo li faceva il vicedirettore Severi, ma se c’era Aldo, non ci metteva mano, li rileggeva quasi distrattamente, tanto li aveva scritti Aldo).

Linguaggio asciutto, non retorico, evocativo, profondamente nuovo in quegli anni in cui imperavano espressioni un po’ paludate, quando non c’erano ancora la rete e i blog. Diceva : ricordate sempre , niente titoli ad effetto, per colpire, la realtà già ci colpisce abbastanza.. notizie, notizie, e ancora notizie.

Aldo sapeva trattare i temi più duri e spinosi con linguaggio fermo ma rispettoso. Il suo modo di fare cronaca era veramente una scuola (in quegli anni viaggiava ancora molto, inchieste e reportage in Italia e nel mondo).

Usava nei suoi reportage un linguaggio diretto, sempre lo stile di un racconto, mai di provocazione. Il giornalista è sempre un testimone, un tramite. Non usava perifrasi, mediazioni o diplomazie, secondo lo stile ‘democristiano’ di allora.

Non sopportava di mettere veli o abbellimenti, non tollerava edulcorazioni, per noi era una vera scuola di cronaca. Tramiti per lui naturali erano l’amore e la storia, il legame con la sua terra, più che un legame, un’interiorizzazione talmente lucida, che gli permetteva grandi strappi con il peggio del Meridione, e grandi progetti culturali, grandi spinte ideali a partire dal suo Salento.

Cercava e amava il Mezzogiorno del mondo, i vari Sud della terra. Aveva intuito anzitempo, per questa sua acuta intelligenza sentimentale, la dirompente questione islamica, aveva già visto il flusso ininterrotto dell’umanità verso il nostro mare, dopo l’assoluta inutilità brutale della guerra, delle guerre.

Credo di aver avuto un amico buono, ma anche un maestro.. (non si deve temere di dire questa parola .. poi sono stata per 8 anni caporedattore della cronaca al gr).

Ma torniamo a quei momenti del mattino, che erano serratissimi ma mai concitati (anche se irrompeva una nuova notizia). Alla fine, quando il giornale radio era già andato in onda, facevamo il punto. Lui tornava volentieri sulle correzioni ai nostri testi (anche quelle apparentemente insignificanti), ma senza atteggiamenti dirigistici, così con semplicità, come si deve da parte di un capo intelligente, illuminato. Ti faceva toccare con mano la differenza nella scelta dell’una o dell’altra parola (questa è troppo forte, questa espressione, troppo generica fino a diventare banale.. attenti alle frasi fatte, non ci servono, non vogliono dire NIENTE).

Cosa direbbe Aldo oggi di questo fiume che ci sommerge, senza stile e identità, spazzatura, luoghi comuni, ovvietà, provocazioni gratuite e volgarità.. aria perplessa ma consapevole, sorriso e direbbe: tranquilli, è roba che passa via presto.

Due parole sul Premio, sui lavori dei ragazzi e l’impegno degli insegnanti, sulla dedizione di Ada e Sergio , dei dirigenti e degli organizzatori. Grazie per l’opportunità bellissima che mi è stata data. E’ stato fatto un lavoro inestimabile, lo si comprende dal livello degli elaborati.

Leggo un dato culturale e sociale di immenso interesse che sarebbe piaciuto moltissimo ad Aldo Bello. A questi ragazzi della sua terra che in suo nome si misurano, si cimentano, che combattono per trovare il loro posto nel mondo , avrebbe detto: guardate la realtà dritto negli occhi, a testa alta, chiamate le cose con il loro nome senza mai piegarvi. Aldo era un combattente per il suo Salento, il suo Mezzogiorno, ma guardava al progetto con realismo e passione, senza cedimenti sentimentalistici, lucido anche nell’atteggiamento di rivolta. A noi giovani colleghi di allora comunicava tutto questo con una chiarezza solare. E davanti alla conservazione più ottusa, alla mafiosità di certa cultura, reagiva con determinazione, come egli stesso scrive: SCAVARE FOSSE PER QUESTI ELEFANTI.